Capa, Taro, Pellegrino, Mulas, Steinberg

 Capa, Taro, Pellegrino, Mulas, Steinberg

Una lunga serie di cognomi per riunire i protagonisti delle tre mostre che inike air max 97 gucci max white shoes wmns air 1 mid nike air jordan mid wmns air 1 mid air jordan 1 nike air jordan mid nike vapor max nike vapor max air jordan 4 military black max white shoes air jordan retro 1 mid casual shoes air jordan 1 nike jordan series 06 nike air jordan 1 mid senaugurano domani a Camera – Centro Italiano per la Fotografia.

Robert Capa e Gerda Taro

Malgrado la tua morte e le tue spoglie,
l’oro antico dei tuoi capelli
il fresco fiore del tuo sorriso al vento
e la grazia quando saltavi,
ridendo delle pallottole,
per fissare scene di battaglia,
tutto questo, Gerda, ci rincuora ancora.

Luis Pérez Infante,
a Gerda Taro, morta sul fronte di Brunete

Ad alcuni può essere capitato di leggere questi versi nell’esergo de La ragazza con la Leica, di Helena Janeczek. Nelle pagine immediatamente dopo, avrà notato alcuni celebri scatti di Gerda Taro che di quel libro è la protagonista.

Per chi non l’avesse letto, la mostra “La fotografia, l’amore, la guerra” di Camera espone 120 fotografie di Gerda Taro e Robert Capa, e ripercorre le loro vite passate a inseguire i loro ideali fino a morire sul campo.

Fuggita dalla Germania nazista lei, emigrato dall’Ungheria lui, si incontrano a Parigi, allora capoluogo della cultura che sembra poter accogliere tutti. Sboccia l’amore, nascono gli alter ego di Robert Capa e Gerda Taro (Endre Friedmann e Gerta Pohorylle, questi i loro veri nomi) e arrivano i primi incarichi fotografici importanti sulla guerra civile spagnola tra repubblicani e fascisti.

Monica Poggi, curatrice della mostra, riassume bene quegli anni “La fotografia è il linguaggio che usano, ma soprattutto il linguaggio che rivoluzionano”. Nasce così il fotogiornalismo, reso possibile dalle nuove macchine fotografiche più agili e comode da maneggiare, che permettono di stare fianco a fianco a chi la guerra la fa con i fucili e non con le Leica.

I conflitti rimangono centrali o di contesto in tutti gli scatti esposti: una madre con la figlia che corrono al riparo dai bombardamenti, dei soldati nelle trincee, due miliziani in riposo al sole o civili deceduti e ammassati negli obitori (impressionanti gli scatti di Taro fuori e dentro l’obitorio di Valencia, a testimonianza del fatto che la sua autorialità non fosse più delicata e addolcita, ma pienamente calata nella realtà).

Due curiosità che troverete in mostra: la morte di Gerda Taro, travolta da un carro armato in Spagna, fu riprodotta con un disegno su una scatola di chewing gum americani, per sensibilizzare contro la guerra. Infine, 4500 negativi dei due fotografi, furono affidati a un amico nella celebre ‘valigia messicana’ per evitare di essere requisiti e distrutti dalle truppe tedesche. Per molti anni si persero le tracce della valigia Louis Vuitton, ma alla fine degli anni Novanta vennero ritrovate a Mexico City tre scatole di negativi e rullini, e le descrizioni delle foto permisero, tra le altre cose, di riattribuire le foto ai legittimi autori.

Michele Pellegrino

Michele Pellegrino, 90 anni appena compiuti in Valle Pesio (Cuneo) dove ha dedicato 57 anni della sua vita a fotografare le vallate montane, la vita contadina, la povertà e le difficoltà delle famiglie sopravvissute in quelle valli dopo anni di spopolamento incessante.

“Io fotografo quello che nessuno guarda. Sono un fotografo della banalità. Poi per campare ero fotografo ai matrimoni” racconta lui stesso in conferenza stampa, n difficoltà perché ha sempre lasciato parlare al posto suo le fotografie.

Michele Pellegrino entra nelle case per catturare storie familiari, entra nei monasteri di clausura (“Lei è il sesto laico in 6 secoli ad entrare qui”, gli viene detto) e fotografa i matrimoni con sguardo ironico. Sempre, la sua caratteristica, è la capacità di entrare in empatia con le persone, per raccontarne povertà e miseria, ma anche momenti più leggeri e felici.

Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, con il progetto ‘Donare’, ha reso possibile l’acquisizione e l’esposizione al grande pubblico dell’archivio fotografico di Michele Pellegrino, tra cui le 50 esposte a Camera.

Ugo Mulas e Saul Steinberg

In Project Room, riprodotta in scala 1:1 a partire dalle fotografie di Ugo Mulas, si trova la decorazione che il disegnatore Saul Steinberg realizzò su intonaco fresco sulla Palazzina Meyer di Milano, nel 1961.

La storia che c’è dietro quest’opera è tutta da scoprire, e Camera consente di farlo riproducendo uno spazio fisico che oggi non c’è più: quei graffiti ante litteram furono infatti coperti da un nuovo strato di intonaco quando la palazzina venne ristrutturata nel 1997.

Condividi con i tuoi amici

Sara Levrini