Vallette: nuove difficoltà del carcere torinese

 Vallette: nuove difficoltà del carcere torinese

A distanza di un anno da quando avevamo parlato della sezione psichiatrica “Sestante” del carcere Lorusso e Cutugno, le Vallette tornano sulle pagine dei giornali per l’emergenza suicidi e il sovraffollamento (che emergenza non è, dato che si tratta di una situazione ormai sistematica delle carceri italiane).

Alle Vallette il problema di sovraffollamento misura quasi 400 detenuti in più del numero previsto. La capienza regolamentare è di 1.062 detenuti, le presenze giornaliere sono circa 1.400.

Il Deputato Ivan Scalfarotto è stato recentemente a visitare di persona il carcere dopo la rivolta di alcuni detenuti il 10 novembre e la rapida successione di un tentato suicidio e due suicidi delle settimane appena passate. La visita ha riguardato soprattutto la sezione “nuovi giunti” (dove era detenuto l’autotrasportatore che ha tentato di togliersi la vita il 12 novembre). Ha raccontato di celle fatiscenti, problemi sanitari, urla in tutto il padiglione e violenze tra i detenuti che, tra l’altro, sostano in quelle celle ben oltre i pochi giorni che dovrebbero passare dall’arrivo in carcere al trasferimento in altre sezioni dopo i controlli iniziali.

La situazione delle Vallette richiederebbe dei lavori di adeguamento e ammodernamento (la struttura è degli anni Settanta, e non è mai stata rinnovata); solo il Sestante è in via di riqualificazione dopo le inchieste giudiziarie sulla situazione dei detenuti.

Tuttavia ci sono anche sezioni ben funzionanti: è il caso del polo universitario visitato da Scalfarotto, che ha potuto incontrare anche la squadra di rugby nata al suo interno. Questi sono i progetti che puntano veramente alla funzione rieducativa del carcere, al contrario del “far west” che si vive quotidianamente in altre sezioni, tra strutture inadeguate alla dignità del detenuto, e tensioni con la polizia penitenziaria.

Sì, perché ultimamente non sono mancate neanche le rivolte: il 10 novembre nel padiglione A della terza sezione, 46 detenuti hanno barricato l’entrata per protestare contro la gestione sanitaria all’interno del penitenziario. Solo il giorno successivo la polizia penitenziaria è riuscita a fare irruzione, senza causare feriti. E se le difficoltà dei detenuti sono evidenti da questi episodi, anche la polizia penitenziaria denuncia una carenza di organico, aggressioni e ferimenti del personale e forte stress durante i turni di lavoro.

In Piemonte le carceri sono 13, e non è difficile azzardare che la situazione sia comune in tutte o quasi le strutture. Ad Ivrea ci sono vere e proprie inchieste giudiziarie che riguardano denunce di violenze e abusi presentate dai detenuti. Si contano 25 indagati alla prima inchiesta in Procura generale su fatti risalenti al 2016-2017, a cui si aggiungono altre 45 persone indagate dalla Procura eporediese. Sono agenti della polizia penitenziaria e medici in servizio nel carcere di Ivrea, ma anche funzionari giuridico pedagogici e direttori pro-tempore della casa circondariale.

Tra i reati ipotizzati, la tortura con violenze fisiche e psichiche nei confronti di numerosi detenuti, il falso in atto pubblico e altri collegati. Le indagini hanno anche confermato la presenza di due celle che, come denunciato, venivano sistematicamente utilizzate per picchiare e rinchiudere le persone ristrette: la cosiddetta “cella liscia” e il temuto “acquario”, dove i carcerati rimanevano in isolamento senza poter avere contatti con nessuno, nemmeno coi loro difensori.

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Sara Levrini