Margaret Atwood: la narrazione sulla crisi climatica deve intrattenere
Margaret Atwood è in Italia, più precisamente in Piemonte.
Già questa è una bella notizia perché significa che dopo la pandemia gli scrittori hanno ripreso i loro tour in giro per il mondo per incontrare i lettori.
In questa occasione abbiamo la fortuna di riportare un’intervista di Edmondo Bertaina per TOradionews, in occasione di un incontro tenutosi ad Alba che la scrittrice ha dedicato ai giornalisti. Di seguito le sue parole.
Edmondo Bertaina
“Se dobbiamo rivolgere una domanda sul clima, sulle sue conseguenze, sull’impatto che ha, sulla narrazione, su come arrivare alle persone e far loro comprendere la situazione, la persona giusta a cui rivolgere questa domanda e da cui ottenere la risposta più interessante, è sicuramente Margaret Atwood. Oggi (venerdì, ndr) è ad Alba nel caveau della banca per incontrare i giornalisti. Questa grande scrittrice canadese, classe 1939, molti premi vinti, domani riceverà a seguito della sua lectio magistralis al Teatro di Alba, il premio Bottari Lattes.
L’abbiamo intervistata per TOradio ed è stata così cortese da darci una risposta che contiene tutto il suo guizzo intellettuale, la luminosità del suo pensiero e il piacere dell’ascolto”.
Margaret Atwood
“Non sappiamo se potrà avere lo stesso impatto un’opera letteraria o un’opera trasposta cinematograficamente o sulla televisione. Però possiamo dire questo: il clima non è una persona, la crisi climatica non è una persone. È uno sfondo su cui noi ambientiamo le storie delle persone. Non è niente di inventato, non è una forma di finzione. Se vogliamo rimanere sul piano della verità assoluta e fare un documentario sulla crisi climatica, allora basta che esploriamo i posti che sono più colpiti da questa crisi e vediamo che costa sta succedendo effettivamente in quei luoghi.
Ma stiamo cercando un tipo di narrazione più romanzata, come la narrazione di una serie avventurosa, e per essere davvero una storia avventurosa, se non lo è abbastanza ci annoiamo; questo è un problema. Perché essendo esseri umani ricerchiamo spasmodicamente la novità e se non c’è questa novità, o se non si ripropone mentre noi per esempio guardiamo un prodotto televisivo, smettiamo di guardarlo e preferiamo magari qualcosa ambientato nel Medioevo o nello spazio, qualcosa che quindi che non parla dei nostri tempi attuali.
Dobbiamo guardare qualcosa che ci intrattenga, qualcosa che ci faccia divertire, altrimenti non vediamo il problema; noi esseri umani ci rendiamo conto del problema solo quando va a fuoco la nostra stessa casa, e quando va a fuoco poi ci diciamo “Beh è vero, l’avevano detto in televisione”. Però finché non ci tocca direttamente non prendiamo posizione, non ci attiviamo.
Abbiamo bisogno di essere divertiti, se così non è, non ci occupiamo più di quella cosa e non le diamo abbastanza attenzione. Tuttavia un’azione che ha un impatto vero sulla realtà, non si compie attraverso una storia (che sia essa scritta o raccontata attraverso uno show televisivo), ma può avere un impatto solo attraverso un’azione di solidarietà, un’azione collettiva.
Ci sono molte persone adesso che stanno lavorando sulle nuove tecnologie: cercando per esempio nuovi modi per riscaldare la nostra casa, o per avere l’aria condizionata in modo compatibile e sostenibile a livello ambientale. Si stanno cercando nuovi approcci per cercare di ridurre le emissioni di anidride carbonica.
E questo sta già succedendo”.