Il metodo scientifico: dubitare per comprendere
Teatro Carignano, incontro di inaugurazione della settima edizione di Biennale Democrazia.
Sul palco, Elena Cattaneo, senatrice a vita dal 2013 e docente di Farmacologia all’Università di Milano.
Riportiamo qui il suo intervento, che si è incentrato su quanto la scienza e il metodo scientifico permei le nostre vite.
«La storia del metodo scientifico fa parte della nostra esistenza: non siamo qui, oggi, grazie a sciamani, ma grazie a un metodo che si è perfezionato e pian piano si è inserito nella nostra quotidianità migliorandola. Basti pensare all’aspettativa di vita, e a quanto si sia allungata grazie ai benefici scoperti dalla scienza.
Ci sono stati scienziati, inventori e personalità trasversali a tutti gli ambiti che hanno affrontato la complessità con un metodo e un approccio razionale. In questo senso la complessità è diventata una ricchezza. In una società complessa come la nostra c’è stata una presa in carico gli uni degli altri: ci siamo specializzati, ognuno in un campo particolare che altri ignorano perché esperti di altre materie.
A monte di questa specializzazione c’è lo studio e l’istruzione, che non si ferma alla fine della carriera scolastica, ma deve essere un allenamento continuo. Se non ci alleniamo, non saremo pronti alla prossima complessità. Al contrario, ci chiuderemo, non accetteremo il diverso, ci spaventeremo.
Il metodo scientifico richiede tempo, ma un tempo necessario, non un tempo ‘dilungato’ o inutile. Il fine è restituire un risultato consolidato per il bene di tutti, ma anche mettere a disposizione dati, prove e studi che serviranno in altri campi, spesso insospettabili e non previsti originariamente.
Nella scienza si fallisce eccome, è normale, ed è segno dello sforzo di sfondare il muro dell’ignoto. Mi affascina il coraggio di questi scienziati che ogni giorno si affacciano al laboratorio senza sapere se sarà il giorno del fallimento o del successo. Temo invece il giorno in cui davanti a una nuova domanda scientifica, qualcuno, magari in Parlamento, dichiari che quella domanda è inutile, che i problemi sono altri. Al contrario, c’è dignità nello studiare, nel riflettere, nel capire a prescindere dai risultati che si otterranno. Non possiamo pensare che la scienza si basi sulla velocità dei tempi, né che la scienza sia una ‘fabbrica’ di certezze a comando.
In questo la narrazione del metodo scientifico è monca: manca la parte del coraggio, dell’intuizione, della fatica di arrivare a un risultato e del possibile fallimento. Forse è per questa narrazione monca che si richiedono alla scienza degli esiti immediati e a comando: c’è un’incomprensione di base tra gli interlocutori.
Oggi, quello che è cambiato nel processo di ricerca di un vaccino per la Sars-Cov2 è che la scienza è stata fatta salire sul palcoscenico, portando sotto i riflettori anche i naturali conflitti nella comunità scientifica. Questi sono stati strumentalizzati e spettacolarizzati, creando quindi confusione e incertezza nella società.
Oltre al fallimento, gli scienziati hanno svelato che si può rispondere “questo non lo so”. La scienza non ha bisogno di essere ‘la verità’ è solamente un metodo, ma è il migliore che abbiamo per sperimentare e dare risultati condivisi da tutti. Quando si nega tutto questo siamo in pericolo.»
A margine dell’incontro, abbiamo intervistato Elena Cattaneo per chiederle perché parlare di scienza, oggi, vuol dire parlare di democrazia. Di seguito la sua risposta: