Golden Hour – APRILE 2023, prima parte

 Golden Hour – APRILE 2023, prima parte

Editoriale

Con varie declinazioni, modalità ed intensità, l’hip hop si è spesso manifestato come un fenomeno corale, riconducibile ad una comunità ben definita e definibile, con una forte dimensione collettiva. Certo, è indubbio che molti generi musicali siano nati all’interno di etnie e specifici gruppi sociali con caratteristiche fortemente identitarie, ma è anche vero che la cosa è particolarmente rilevante all’interno del settore in questione; basti pensare al significato del termine MC, spesso usato come sinonimo di rapper, ma in realtà acronimo di Master of Ceremonies, un’etichetta dallo spettro semantico molto ampio che non può non far pensare ad una dimensione “festiva”, pseudo-rituale e legata all’organizzazione e alla gestione di eventi con diversi partecipanti, di cui Wikipedia dà la seguente definizione: “the official host of a ceremony, staged event, conference, convention, or similar performance”. In senso lato, infatti (ad esempio nella stand-up comedy), il lemma è usato anche nel senso di conduttore, annunciatore.

Passando ad un aspetto più pratico e meno idealisticamente legato ai cosiddetti “quattro elementi” dell’hip-hop (break dancing, deejaying, rapping o – appunto – MCing e writing), ci sono diversi esempi di come l’elemento gruppo – in una valenza talvolta maggiormente afferente al familiare concetto di band e talvolta meno, con un valore simile a quello più lato di “collettivo” – funzioni particolarmente bene per il genere: tra RUN-DMC, A$AP MOB, Tha Dogg Pound (duo conosciuto anche come Dogg Pound Gangsta Clicc nella sua formazione “allargata” comprendente, tra gli altri, anche Snoop Dogg, Nate Dogg e Warren G, oltre ai fondatori Daz Dillinger e Kurupt), Beastie Boys e G-Unit, sarebbe possibile un elenco potenzialmente infinito, con realtà passate e contemporanee, attive e non. E per quanto riguarda l’Italia? Il Bel Paese non è da meno: tra “vecchia” e “nuova scuola” infatti, l’elemento crew si è sempre dimostrato particolarmente efficace anche da noi. Il riverbero di gruppi non più attivi come i Co’Sang o i Club Dogo si fa infatti sentire ancora oggi in collettivi che ne hanno raccolto il testimone: relativamente alle città di appartenenza dei gruppi appena riportati, possiamo rispettivamente citare gli esponenti della nuova scena rap napoletana (di cui, tra gli altri, Lele Blade, MV Killa, Geolier, J Lord e Vettosi sono alcuni tra i rappresentanti) e Seven 7oo, il collettivo così fortemente legato al quartiere milanese nord-occidentale di San Siro. La questione dei gruppi è tuttavia particolarmente radicata e persino fondativa nel caso del nostro hip-hop: in tale ottica risulta infatti centrale il fenomeno delle posse. Il termine, derivante dal latino posse comitatus (dall’enciclopedia Treccani “gruppo di uomini con funzioni d’ordine che lo sceriffo della contea poteva chiamare a raccolta e, per estensione, un gruppo agguerrito di persone”), indica un fenomeno tipico degli anni ’90, durante i quali alcuni esponenti del giovane (sempre relativamente alla sua declinazione italiana) genere muovevano i primi passi, perlopiù tra ambienti occupati e centri sociali. Questo particolare setting è rivelatore della matrice “impegnata” e della forte componente di denuncia sociale e politica delle posse; il tutto risulta particolarmente significativo se pensato come una sorta di “ritorno dell’impegno” dopo gli anni ’80, caratterizzati dal cosiddetto “riflusso/ritorno al privato” riscontrabile in diversi ambiti, compresa la musica pop. Tra i più famosi, impossibile non citare gruppi come Onda Rossa Posse, romana, o i napoletani 99 Posse.

Al di là di esempi relativi a terreni e “subculture” specifici, è evidente come una sorta di associazionismo sia caratteristica fondamentale del genere: basti pensare ai live con quaranta persone sul palco insieme all’artista principale (Pop Smoke che esegue la sua Dior dal vivo nel video qui linkato ne è un eloquente esempio), o ancora alla pratica di citare nei brani nomi di amici (vedi Emi lo Zio per i Dogo o Ciccio e Falco nei testi di Rkomi ai tempi di Dasein Sollen). Insomma, “tornando a Napoli”, è evidente come nel rap l’adagio partenopeoquanto cchiù ne simmo, cchiù belle parimmo” risulti particolarmente valido.

Lavorare collettivamente, in qualsiasi ambito, porta sovente ad influenze all’interno del gruppo: relativamente alla musica – e, nel nostro caso specifico, alla musica hip-hop/rap – spicca un curioso fenomeno detto “Migos (gruppo hip-hop americano costituito da Quavo, Offset e Takeoff, scomparso nello scorso novembre) Flow”, il flow terzinato caratteristico di molta musica rap/trap degli ultimi anni, in gran parte debitore della sua popolarità al trio ed ai suoi brani (particolarmente alla celeberrima Versace). A proposito di influenze nel modus operandi, di processo creativo e della coniugazione di un’eventuale carriera solistica con quella di un gruppo, ho pensato di porre qualche domanda ai membri dell’ALFMOB, collettivo milanese formato da ghostboycoma, aka “errore nel genoma” e “sacerdote dell’ALFMOB” (produttore e rapper), MUSTKILL (produttore), PROVIDENCE e BRA$I (gli altri due rapper del MOB).

Come e quando nasce ALFMOB?

ghostboycoma: ALFMOB nasce dall’incontro fatale di ghostboycoma e PROVIDENCE. Prima di essere un progetto musicale e di avere un nome, ALFMOB era un concetto, un’idea: l’idea di opporsi, di ribellarsi ai sistemi, alle immagini e ai simulacri che la società tende ad imporre. ALFMOB rappresenta anche il bisogno di esprimere il malessere personale che abbiamo vissuto e di trasmettere agli altri un messaggio, quello di accettare le cose negative per farne la propria forza. PROVIDENCE: Io e ghostboycoma ci siamo conosciuti durante il primo anno di superiori (nell’ormai lontano 2015) ed è nata una profonda amicizia che è rimasta solida negli anni. Questo legame ha fatto sì che ci influenzassimo molto a livello musicale, essendo da sempre entrambi degli ascoltatori assetati e ossessivi. Nel 2016 BRA$I – amico d’infanzia di ghostboycoma – entra a far parte del gruppo poiché anche lui alla ricerca di una dimensione artistica e creativa che potesse dare spazio alle sue idee e luce ai dolori che vivevamo. ALFMOB nasce in quell’anno e rappresenta la nostra visione e la nostra attitudine. Parallelamente, Coma suonava la chitarra in una band hardcore punk (i THROWNESS) che vedeva MUSTKILL alla batteria: dopo lo scioglimento di questa, anche lui si è unito al MOB. 

C’è un gruppo o un artista in particolare che vi ha ispirato più di altri?

BRA$I: Nella musica tendiamo a non porci limiti, navighiamo in molti generi e sottogeneri. Potrei farti una lista infinita di influenze, però sicuramente le principali derivano dal rap e dal metal, anche se siamo sempre alla ricerca di un sound originale che ci permetta di rinnovarci e di migliorare costantemente: stiamo sperimentando molto. ghostboycoma: Ognuno di noi ascolta musica molto diversa: io, ad esempio, ascolto parecchia musica elettronica. Prendiamo molta ispirazione anche dalla letteratura, da scrittori come Artaud, Cioran ed altri filosofi. PROVIDENCE: Io prendo molta ispirazione dal black metal e dall’hardcore rap. Quando ci siamo conosciuti ascoltavamo musica diversa, ma entrambi siamo sempre stati attratti dai sottogeneri più estremi. È stato facile portarci ognuno nel mondo dell’altro ed influenzarci vicendevolmente. Questa contaminazione musicale e questo legame di visioni artistico-filosofiche ha gettato le fondamenta di ciò che siamo e del nostro sound futuro. 

Quanto del vostro processo creativo è influenzato dal fatto di essere un gruppo? Qual è l’effetto sul workflow?

BRA$I: Per me quando scrivo è importante esprimere ciò che sento; cerco di creare immagini che possano interpretare le mie sensazioni, che molto spesso combaciano con quelle del gruppo. Stando molto tempo insieme, poi, ci influenziamo a vicenda, e questo ha effetto anche sul workflow. Ognuno di noi, però, deve tenere fede alla propria individualità, perché è ciò che lo caratterizza e che porta valore aggiunto al gruppo. ghostboycoma: Non ci piace molto l’idea di strutturare l’arte, spesso seguiamo il flusso che si crea nella magia della sessione in studio. A volte questo momento è preceduto da discorsi assurdi su qualsiasi argomento, mentre altre volte stiamo in silenzio per ore ascoltando il beat a ripetizione, finché non abbiamo la strofa pronta per essere registrata. Non sempre abbiamo bisogno di parlare per comprenderci. PROVIDENCE: Io sono un grinder (persona che lavora duramente e si impegna molto in ciò che fa, ndr) di natura, registro e scrivo costantemente. Fare parte di un gruppo comporta delle responsabilità e questo mi mantiene concentrato e solido. Le mie parole non sono solo mie e questo mi motiva: il nostro non è solo un gruppo, ma è anche un’idea che ho il dovere di proteggere. 

Voi membri dell’ALFMOB coltivate parallelamente dei progetti musicali come solisti: è mai risultato difficile coniugare le due cose?

ghostboycoma: Non è facile gestire un gruppo come il nostro, soprattutto perché siamo totalmente indipendenti e dobbiamo curare ogni parte di una release. Inoltre a volte ci troviamo in disaccordo sul da farsi, ma penso che questo sia anche uno dei nostri punti di forza. Avere il coraggio di confrontarsi, essere sinceri e sapere di poter contare su ognuno dei membri del MOB è ciò che ci rende davvero uniti. Ultimamente stiamo sentendo il bisogno di prendere ciascuno la propria strada per trasmettere in modi diversi il messaggio, ragion per cui usciranno molti progetti solisti. BRA$I: Ognuno di noi ha personalità ben distinte, che hanno bisogno del proprio spazio per creare altro e questo noi lo vediamo come un punto di forza. Sicuramente a volte si è sacrificato del tempo per dischi o canzoni da solisti, ma – alla fine – tutto è stato fatto per il bene del gruppo, e nessuno di noi se n’è pentito perché sono sempre usciti pezzi fighi. 

Di seguito il link ai canali social dell’ALFMOB e alle loro pagine Spotify e SoundCloud: fateci un salto.

Title Track

Non sono propriamente un campione del cosiddetto small talk: intendiamoci, non che sia un tipo particolarmente profondo, incapace di discutere di argomenti che non siano complesse crisi geopolitiche o la Critica della ragion pura; semplicemente, purtroppo, sostenere facilmente una conversazione non è tra le mie migliori qualità, per cui – pur di non farla morire pietosamente – mi capita spesso di virare verso argomenti non esattamente stimolanti. Noi “inadeguati”, pescando tra i vari assi custoditi nelle nostre maniche, siamo soliti salvarci in corner grazie all’argomento meteo; in queste settimane, poi, niente riempie le conversazioni come un sempreverde “non so più come vestirmi con questo clima impazzito”: pensate che Simon & Garfunkel ci hanno persino fatto una canzone. 

Scherzi a parte, April Come She Will usa l’argomento in questione per descrivere i repentini cambiamenti intercorsi nello sviluppo di una relazione e nell’umore di una ragazza che, con lo scorrere dei mesi (che in questo caso vanno da aprile a settembre), vediamo arrivare nella vita del “narratore” del pezzo, per poi attraversare quelli che sembrano crisi, dubbi e litigi, allontanarsi ed infine morire in agosto, alla fine dell’estate, per venire poi ricordata malinconicamente a settembre, alle porte dell’autunno: quello che sembrava un fiore appena sbocciato è ormai appassito, divenendo una storia vecchia e lontana come la primavera in cui era iniziata.

September, I’ll remember 

A love once new has now grown old.

Un brano piuttosto breve (appena 1:49 minuti), di cui la brevità stessa costituisce un elemento caratterizzante e forse un punto di forza: un amore che nasce, cresce e viene stroncato nel giro di pochi mesi, descritto con un testo quasi onirico e ricco delle suggestioni che lo scorrere delle stagioni sa regalarci, tra miti e riposanti giornate di maggio e i primi assaggi di autunno, con quel freddo vento, a cui – dopo i mesi estivi – non eravamo più abituati.

May, she will stay, resting in my arms again

(…)

The autumn winds blow chilly and cold

Paul Simon ha inoltre rivelato alcuni interessanti retroscena legati al brano, la cui genesi sembrerebbe essere legata alla tradizionale filastrocca inglese The Cuckoo (il cuculo) e ad un’amica del cantautore che, dopo una notte in bianco trascorsa a parlare per delle ore, gliel’avrebbe recitata alle prime luci dell’alba.

April Come She Will è contenuta in The Paul Simon Songbook (1965), primo album da solista di Paul Simon ed in Sounds of Silence, il secondo album del duo; uscito nel gennaio 1966, il suddetto disco è oggi particolarmente famoso per la sua celeberrima prima traccia – la (quasi) eponima The Sound of Silence – nonché per il ruolo di colonna sonora de Il laureato (film del 1967 con regia di Mike Nichols, titolo originale The Graduate) di alcuni dei suoi pezzi, tra cui il nostro brano del mese. Nell’anno successivo all’uscita della pellicola, Simon & Garfunkel pubblicarono inoltre The Graduate, soundtrack album ufficiale contenente 14 tracce tra cui April Come She Will, due diverse versioni di The Sound of Silence e del brano inedito Mrs. Robinson – realizzato ad hoc per il cult di Nichols – oltre ad alcuni pezzi strumentali del compositore americano Dave Grusin.

Eventi in arrivo

Cominciamo con uno sguardo più ampio: quello che verrà sarà il primo dei due weekend di Coachella 2023, il celebre festival californiano che, dal 1999, raduna centinaia di migliaia di spettatori con le sue sempre notevoli lineup. Abbiamo già fatto riferimento ad alcuni degli artisti coinvolti, ma ciò che c’è di nuovo è che – per la prima volta – si potrà assistere virtualmente all’evento; Coachella 2023 verrà infatti trasmesso per intero su YouTube. Spostiamoci in Italia per un evento dalla risonanza mediatica paragonabile a quella del Festival, ovvero il Concertone del Primo Maggio, l’evento gratuito che, dal 1990, porta artisti italiani e non, più o meno affermati (continua anche quest’anno la rassegna 1MNEXT, dedicata agli emergenti) in piazza San Giovanni in Laterano a Roma per celebrare la Festa del Lavoro. La lineup completa è ancora ignota: per ora si sa solo della presenza di Aurora, Ariete, Coma_Cose, Matteo Paolillo, Mr. Rain, Tananai e dei bnkr44. State a vedere che assist: nel 1993 e nel 2002 Robert Plant suonò al Concertone; nelle scorse settimane l’ex-frontman dei Led Zeppelin ha annunciato la decisione di tornare da noi, con sette concerti in compagnia di Suzi Dian e dei Saving Grace. I cinque saranno a Lignano Sabbiadoro, Macerata e Taormina rispettivamente in data 26, 28 e 30 agosto, mentre l’1, il 3, il 5 ed il 6 settembre sarà il turno di Bari, Ostia, Milano ed infine Vicenza. Purtroppo, però, le nuove del mese non sono tutte buone: il cantautore belga Stromae, recentemente tornato sulla scena dopo oltre cinque anni di stop per via di problemi di salute, si trova a dover tirare nuovamente il freno a mano. I crucci legati alla salute sono tornati a preoccupare l’artista, che si è visto obbligato a cancellare 14 show (tra cui una data a Roma): “Con rammarico faccio questo annuncio che mi riempie di tristezza, ma devo riconoscere i miei limiti”, “ho bisogno di tempo per guarire per poter riprendere ad esibirmi” e, ancora, “abbiate cura di voi stessi”: così si è espresso Stromae in un post Instagram.

Per quanto riguarda Torino e provincia, maggio ci regalerà parecchi eventi, a partire dal primo giorno: vediamone alcuni. Proprio nella giornata della Festa del Lavoro, sarà possibile assistere allo show di Hans Zimmer: il compositore, ad oggi famosissimo per le colonne sonore da lui curate (tra cui, ad esempio, quella de Il Gladiatore e di Dune), sarà al Pala Alpitour (SOLD OUT). Nella stessa location, in data 21 maggio, troveremo poi Sam Smith in GLORIA, The Tour. Sette appuntamenti presso il Teatro Colosseo, che ospiterà Fabrizio Moro (4 maggio), i Modà (ben tre live, 5-9-10 maggio), Raf (8) e Loredana Bertè (13 maggio). Il 17 maggio la venue avrà ospiti d’eccezione: gli Inti-Illimani, in compagnia di Giulio Wilson (cantautore fiorentino) hanno infatti scelto il capoluogo piemontese come tappa del loro Agua World Tour. Alcuni interessanti ospiti anche per Hiroshima Mon Amour, il cui palco verrà calcato – rispettivamente in data 5-11-12 e 25 maggio – dai Bull Brigade, band punk torinese, da Sick Tamburo, da Lucio Corsi e da Vasco Brondi che, con un tour di sei date, celebra il quindicesimo compleanno di Canzoni da spiaggia deturpata (album del 2008 di Le luci della centrale elettrica, progetto del cantautore intrapreso nel 2007 e poi conclusosi nel 2019). Concludiamo con il Teatro della Concordia di Venaria Reale, dove si esibiranno i Baustelle (6 maggio) e Gianmaria (21 maggio).

Nel consueto spazio dedicato a musica sinfonica, cameristica, opera e balletto, segnalo il concerto organizzato dall’associazione De Sono La camera dei bambini in data 8 maggio al Teatro Vittoria (con musiche di Čajkovskij, Debussy e Musorgskij), nonché l’appuntamento “firmato” Lingotto Musica presso l’auditorium Giovanni Agnelli, previsto per il 16 di maggio. Die Deutsche Kammerphilarmonie Bremen, diretta dall’estone Paavo Järvi (direttore dell’orchestra sinfonica della radio di Francoforte), si esibirà in musiche di Haydn e Schumann. Infine, presso il Teatro Regio sarà possibile assistere a La figlia del reggimento, opéra-comique di Donizetti del 1839 (dal 13 al 23 maggio).

Al prossimo numero!

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Francesco Bonfante